lunedì 31 maggio 2021

Antropocentrismo, matematica e realtà

Recentemente mi è capitato di leggere alcuni libri sulla filosofia e la storia della fisica e della matematica dove gli autori spesso formulavano un quesito molto interessante che ha occupato le menti di molti pensatori di spicco, sia filosofi che scienziati. Il quesito si riferisce alla matematica, sintetizzabile nella seguente domanda: la matematica è un'invenzione o una scoperta? Ovvero, le teorie matematiche sono il frutto delle nostre attività intellettive, quindi sono i matematici che inventano la matematica che conosciamo, oppure la matematica esiste nella realtà, celata nei processi fisici, all'opera nei fenomeni naturali, per cui l'attività dei matematici consisterebbe in una sorta di scoperta di tali meccanismi matematici che sono alla base dell'universo, in tal senso riducendo l'attività dei matematici quasi a quella dei fisici. Chiaramente Galileo Galilei è stato uno dei massimi esponenti di questa seconda visione. In merito all'argomento in questione, come al solito, gli studiosi si suddividono in due schieramenti contrapposti. Personalmente credo che si possano ritenere entrambe valide o, volendo essere critici e realisti, entrambe scorrette. L'errore commesso risiede, come si è detto prima, in una visione antropocentrica ormai sedimentata. Come è possibile, ancora oggi, ritenere che esiste la realtà da una parte, qualcosa che definiamo oggettivo, e poi ci siamo noi esseri umani, come se fossimo qualcosa di totalmente staccato dal reale, dalla natura e dall'universo? Qualcuno soprattutto tra i fisici e i matematici potrebbe dissentire da questa critica e sostenere che si tratta esclusivamente di una mia impressione, ma se ci riflettiamo com'è possibile ipotizzare che la matematica è un'invenzione e non una caratteristica del reale (o viceversa), senza presumere inconsciamente che l'essere umano possa essere qualcosa di diverso dal reale? Noi esseri umani, compresi fisici e matematici, siamo parte integrante della realtà, della natura e dell'universo intero. La matematica che noi produciamo attraverso processi intellettivi che scaturiscono da un'attività cerebrale che si fonda sulle strutture e sulla dinamica neuronale non è altro che l'espressione e la manifestazione della materia. Senza dubbi mi sto addentrando in un territorio sconosciuto ma sono del parere che la materia conosce se stessa; ovvero che la conoscenza emerga dalle profondità microscopiche, subatomiche, della materia stessa e si potrebbe quasi considerare la matematica come il linguaggio macchina del cervello, fatto di atomi e particelle elementari. In realtà, secondo il mio punto di vista, si potrebbe ipotizzare che tutta la conoscenza scientifica si produce seguendo tale processo, cioè che emerge spontaneamente dalla materia di cui siamo fatti. 

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